Riconoscere dignità medico-scientifica al problema della misofonia

«Oggi in Italia sono ancora troppo poche le persone che sanno cos’è realmente la misofonia e quali disturbi quotidiani comporta per chi ne è affetto. Diffondere la conoscenza di questa patologia in maniera capillare, quindi, è il primo passo per farla riconoscere a livello medico e per garantire un reale sostegno ai misofonici e alle loro famiglie».
“Il termine “Misofonia”, coniato nel 2001 dai neuroscienziati statunitensi Pawel e Margaret Jastreboff, definisce una sindrome neuro-comportamentale caratterizzata da un’accresciuta eccitazione del sistema nervoso autonomo e da una reattività emotiva negativa, come irritazione, rabbia, ansia, in risposta ad una ridotta tolleranza a suoni specifici. La misofonia, tuttavia, non è un problema di udito, ma un disturbo che colpisce il sistema nervoso centrale, in particolare il cervello. La conferma sta nell’oggettività scientifica secondo cui stimoli periferici, cinetici, suoni a cavallo della soglia tra consapevolezza e inconsapevolezza contribuiscono anche a generare l’intolleranza del misofonico. Tratti neurologici tipici delle menti con un sistema nervoso centrale più reattivo, capaci di enormi traguardi intellettivi solo se supportati nel riconoscimento e nella gestione del disturbo».
Un compito che l’Associazione Italiana Misofonia, a partire dal 2018, continua a svolgere con attenzione e costanza: “Sebbene la letteratura scientifica indichi che circa il 13% della popolazione mostra sintomi misofonici, e quindi non è una malattia rara, almeno in Italia i progressi nella diffusione delle conoscenze e nella cura sono ancora pochi. Tra questi, però, c’è sicuramente il lavoro di confronto continuo che la nostra associazione, insieme al Centro Internazionale di Psicologia e Psicoterapia Strategica di Salerno, sviluppa con i massimi esperti degli Stati Uniti. Insieme abbiamo creato un team di psicoterapeuti che hanno proceduto ad adattare gli strumenti diagnostici e i relativi protocolli di trattamento al contesto italiano. Il tutto dimostrato dalla positività dei risultati ottenuti con i soggetti che hanno già scelto di sottoporsi ai percorsi di trattamento”.